Dossier Mal’Aria 2018 di Legambiente
Terni si conferma tra le peggiori per la qualità dell’aria nel centro Italia
Legambiente Umbria: basta con ordinanze tampone, servono interventi strutturali su mobilità, efficientamento energetico, industria
Anche nel 2018 il rapporto annuale di Legambiente sulla qualità dell’aria nelle città capoluogo d’Italia fotografa la situazione di un’aria sempre più irrespirabile: sono 39 le città italiane fuorilegge con livelli di Pm10 alle stelle. La situazione più critica in Pianura Padana e in generale nelle città del nord, ma nemmeno in Umbria va tanto bene, a Terni in particolare.
Dal report Mal’aria emerge che, nel 2017 in ben 39 capoluoghi di provincia italiani è stato superato, almeno in una stazione ufficiale di monitoraggio di tipo urbano, il limite annuale di 35 giorni per le polveri sottili con una media giornaliera superiore a 50 microgrammi/metro cubo. Le prime posizioni della classifica sono tutte appannaggio delle città del nord (Frosinone è la prima del Centro/Sud, al nono posto), a causa delle condizioni climatiche che hanno riacutizzato l’emergenza nelle città dell’area del bacino padano.
Per quanto riguarda la nostra regione, come noto è a Terni che si registra la qualità dell’aria peggiore, per via di polveri sottili e ozono (un inquinante secondario che si forma a partire dalla presenza di alcuni inquinanti primari a seguito di reazioni fotochimiche). Sono stati 48 gli sforamenti registratinell’anno appena concluso del limite giornaliero di PM10 e 55 gli sforamenti dell’ozono. In particolare andando a sommare questi due inquinanti c’è da dire che le città italiane più inquinate sono tutte dell’area padana con l’aggiunta di Frosinone e Terni appunto che pur se in fondo alla classifica, segnalano ugualmente una situazione allarmante.
L’ozono è un problema anche a Perugia che comunque ha registrato 32 sforamenti nel corso del 2017 presso la stazione di monitoraggio collocata all’interno del parco cittadino Chico Mendes, a distanza di circa 500 metri da strade e abitazioni.
In questi giorni, e come ogni anno, a Terni e Perugia si susseguono le ordinanze comunali di emergenza che dovrebbero servire ad arginare il fenomeno degli sforamenti, ma sono misure tampone in parte o del tutto inefficaci, anche perché banalmente prive dei dovuti strumenti di controllo e di verifica (vedasi le misure di divieto di accensione per due giorni a settimana dei caminetti attuata a Terni).
“Come ripetiamo da anni – commenta Gianni Di Mattia di Legambiente Umbria – le vere azioni efficaci sono quelle estese, ragionate e strutturali che si incentrano sul disincentivo all’utilizzo dei mezzi alimentati a carburanti fossili per muoversi in città, favorendo la mobilità ciclopedonale e l’uso dei mezzi pubblici, e che realizzano campagne di efficientamento edilizio ed impiantistico degli edifici, unito a una stringente verifica e sollecitazione per l’uso di tecnologie a basso impatto e a bassi consumi per l’industria e il terziario. A Terni in particolare serve anche una significativa assunzione di responsabilità da parte del settore industriale nel fare la propria parte per migliorare le emissioni che contribuiscono in modo significativo a rendere irrespirabile l’aria. Tutti interventi che in Umbria non sono ancora stati messi in campo in maniera organica e convinta”.
“Certamente per politiche come queste servono risorse, competenze e serve coraggio (disincentivare l’uso dell’auto ad esempio vuol dire anche creare malumori da parte di chi non è disposto a rinunciarvi) – conclude Gianni Di Mattia – ma sono necessarie e doverose e siamo già in grave ritardo nell’attuarle e sono ormai molti cittadini disposti a cambiare le proprie abitudini pur di difendere la qualità dell’aria che respirano”.
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