25 dicembre 2018
CELEBRAZIONE DELLA NOTTE DI NATALE – OMELIA DEL VESCOVO GIUSEPPE PIEMONTESE
“L’annuncio del Natale viene rivolto soprattutto agli ultimi, ai poveri, ai disprezzati, a coloro che non hanno altri appoggi, ai sofferenti, agli immigrati, ai peccatori, a coloro che si sono allontanati da Dio, a coloro che si ritengono irrecuperabili, a quelli che sono privi di speranza”.
Nella celebrazione della notte di Natale nella Cattedrale di Terni, gremita di persone, il vescovo Giuseppe Piemontese ha ricordato la gioia e la speranza che viene dal Natale, la grandezza dell’amore di Dio che diventa uomo e «prende su di sé le qualità, i limiti, le sofferenze e le dinamiche di ogni uomo per farsi vicino, prossimo ad ogni uomo.
Sceglie la via e la modalità della normalità, della semplicità e povertà per invitarci all’abbandono completo a Dio».
La nascita di Gesù è un evento che ha cambiato la storia, lo spartiacque tra il prima e il dopo di Cristo «l’umanità non è più quella di prima, vedendosi trasformata, nobilitata, santificata, divinizzata».
E poi un monito ai cristiani a vivere pienamente e il mistero del Natale e la sua spiritualità: «Anche quest’anno l’annuncio della nascita di Gesù, si rinnova in un mondo distratto, più dedito al benessere terreno che ai valori dello Spirito e della solidarietà umana. Abbiamo conservato l’involucro del Natale senza la sostanza, l’apparenza senza la realtà, prevale l’indifferenza o il ridurre la fede ad aspetti marginali o irrilevanti per la vita reale».
Ed infine l’invito a vivere il mistero del Natale come «amore incondizionato di Dio. Il messaggio del Natale è qui: Gesù è venuto per farci sentire la vicinanza di Dio, per immergerci tutti nella parentela di Dio.
E l’annuncio del Natale viene rivolto soprattutto agli ultimi, ai poveri, ai disprezzati, a coloro che non hanno altri appoggi, ai sofferenti, agli immigrati, ai peccatori, a coloro che si sono allontanati da Dio, a coloro che si ritengono irrecuperabili, a quelli che sono privi di speranza. Non diluiamo la lieta notizia del Natale, dell’incarnazione del figlio di Dio: Dio ama incondizionatamente, perdutamente l’umanità intera, anzi ogni uomo.
Lasciamoci guidare da tale amore sconvolgente e gustiamo la gioia di sentirci fratelli di Gesù Cristo».
A conclusione della celebrazione don Carlo Romani parroco emerito della Cattedrale ha formulato gli auguri di un sereno Natale al vescovo a nome della comunità diocesana.
Di seguito l’omelia della notte di Natale:
“Questa celebrazione è memoria dell’evento, che ha segnato e inondato la pienezza dei tempi: la nascita di Gesù di Nazaret, figlio di Dio, che ha assunto e rivestito la natura umana nel seno della Vergine Maria. Evento che ha cambiato la storia, spartiacque tra il prima e il dopo di Cristo,principio e fondamento della Chiesa che da Gesù trae vita e splendore. L’umanità non è più quella di prima, vedendosi trasformata, nobilitata, santificata, divinizzata.
A Natale, la Liturgia ci aiuta a prendere consapevolezza di ciò che è accaduto in quella notte e della trasformazione ancora in atto per l’umanità e per ogni uomo.
Ma noi abbiamo dimenticato il senso e la trasformazione operata dalla nascita di Cristo. Abbiamo conservato l’involucro del Natale senza la sostanza, l’apparenza senza la realtà.
In una intervista il filosofo Massimo Cacciari ha detto, sconsolato, che i primi ad aver abolito il Natale sono i cristiani che danno a vedere che il Natale per loro non ha nessuna rilevanza.
In effetti, di fronte alla notizia che Dio si fa uomo, uno o “s’incavola o impazzisce”, invece non succede né l’una né l’altra cosa… perché prevale l’indifferenza o il ridurre la fede ad aspetti marginali o irrilevanti per la vita reale.
Questa notte, convocati nella chiesa madre della nostra diocesi, e in tutte le chiese del mondo, facciamo insieme memoria della notte dei tempi, che ha atteso e sospirato la nascita in terra del Figlio di Dioe nello stesso tempo partecipiamo in prima persona “nel mistero” al Natale di Gesù. Emuli di Francesco d’Assisi,accostiamo la nostra umanità alla umanità di Gesù:“Vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello” (FF468).
Il brano del Vangelo di Luca ci racconta l’evento, ce ne spiega il significato e ce ne trasmette il messaggio, che è motivo di gioia per gli uomini di tutto il mondo, specie quelli abbandonati a se stessi o privi di speranza.
Invito a considerare il Natale con gli occhi e nella prospettiva dei personaggi richiamati da Luca.
Cesare Augusto, imperatore di tutta la terra indice e promuove un censimento. Egli è l’emblema della condizione dell’umanità di quel tempo: umanità soggiogata ad una pace imposta con le armi, nazioni tenute sottomesse con la forza, popolazioni da censire, contare per calcolare la potenziale forza politica, militare ed economica. L’imperatore è elevato a dio, la condizione umana ridotta gente sottomessa e schiavizzata, funzionale alla glorificazione dell’orgoglio umano. Queste sono le grandezze umane, destinate a finire e ad essere destituite dalla forza di un bambino, figlio di Dio che si fa uomo, che viene a proporre un nuovo ordine di relazioni e a ribaltare le potenze umane.
In contrapposizione alla potenza dell’imperatore, alla grandezza di Roma, san Luca richiama personaggi e luoghi sconosciuti e insignificanti:
“Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta”.
Alla logica del mondo, comincia a subentrare la logica di Dio: i riferimenti sono ai testi sacri, alla storia di Israele, alla Parola di Dio che ha preparato l’evento che sta per accadere.
Giuseppe e Maria, scelti da Dio, accettano liberamente e volentieri di collaborare quali co-protagonisti all’evento divino che deve trasformare la storia. Con la loro semplicità, umiltà, obbedienza e umanità veicolano il disegno di Dio.
Dio, nel suo immenso amore, non solo si relazione all’uomo, si fa bambino e si pone nelle mani dell’umanità. Prende su di sé le qualità, i limiti, le sofferenze e le dinamiche di ogni uomo per farsi vicino, prossimo ad ogni uomo. Sceglie la via e la modalità della normalità, della semplicità e povertà per invitarci all’abbandono completo a Dio.
Che bello sapere che Dio si è fatto uno di noi. Nessun altra religione ci presenta un Dio innamorato dell’uomo come la nostra.
E’ posto in una mangiatoia, quale sapienza si Dio, di cui possiamo vedere il vero volto e che diventa alimento e pane che sostenta e dà la vita vera agli uomini, che di Lui si nutrono. Siamo invitati a riconoscere questo amore di Dio, che si dona all’umanità.
E’ figlio primogenito… quelli che sono consacrati a Dio per richiamare ogni uomo al fatto di essere consacrato a Dio e destinato alla gloria e non alla terra o al disfacimento.
A questo bambino siamo chiamati a dare la nostra adesione di mente, di cuore di volontà.
Nella nostra cultura i pastori, specie quelli del presepio, sono una realtà decorativa e romantica. Ben altro è il messaggio che Gesù, attraverso san Luca vuole darci.
Erano una categoria di persone poco raccomandabili. Spesso erano briganti, assassini, impuri per la religione ufficiale, erano emarginati insieme ai pubblicani, alle prostitute.
Non potevano testimoniare nei processi perché erano considerati inaffidabili, disonesti, ladri, violenti; sapevano di essere gli ultimi della terra.
Tutti aspettavano il giorno in cui il Messia avrebbe fatto a pezzi i pastori, cani impuri..
I Pastori vegliavano il gregge di notte, a significare che erano persone immerse nella notte morale e spirituale, e hanno addirittura paura della luce perché se arriva la luce questa rivela le loro opere malvage.
Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce come mai. Sono spaventati, di spavento grande.L’Angelo del Signore dice loro di non temere.
Mai avrebbero pensato di essere raggiunti, avvolti, quasi fulminati dall’ amore incondizionato di Dio.
Con l’angelo appare una moltitudine dell’esercito celeste, non l’esercito dell’imperatore Ottaviano, ma l’esercito del regno di Dio, che canta “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama”; non gli uomini di buona volontà, perché quelli che lui ama più di tutti gli altri sono proprio gli ultimi della società, come questi pastori, emarginati da tutti perché considerati non soltanto lontani dalla società umana, ma lontani anche da Dio.
Il messaggio del Natale è qui: Gesù è venuto per farci sentire la vicinanza di Dio, per immergerci tutti nella parentela di Dio. E l’annuncio del Natale viene rivolto soprattutto agli ultimi, ai poveri, ai disprezzati, a coloro che non hanno altri appoggi, ai sofferenti, agli immigrati, ai peccatori, a coloro che si sono allontanati da Dio, a coloro che si ritengono irrecuperabili, a quelli che sono privi di speranza.
Non diluiamo la lieta notizia del Natale, dell’incarnazione del figlio di Dio: Dio ama incondizionatamente, perdutamente l’umanità intera, anzi ogni uomo. Lasciamoci guidare da tale amore sconvolgente e gustiamo la gioia di sentirci fratelli di Gesù Cristo.
Buon Natale a tutti”.