Celebrazione della Messa Crismale nella Cattedrale di Terni.
Mons. Soddu: “I sacerdoti hanno il dovere morale di essere accoglienti, poveri tra i poveri, annunciatori e testimoni della ricchezza della solidarietà, della condivisione, della partecipazione”.
Le celebrazioni del triduo pasquale sono precedute dalla Messa Crismale del mercoledì santo, presieduta nella cattedrale di Terni dal vescovo Francesco Antonio Soddu, a tre mesi dal suo ingresso in diocesi, alla presenza di tutti i sacerdoti diocesani e religiosi, diaconi, religiose, laici delle varie parrocchie della diocesi.
La celebrazione crismale rappresenta l’unione e la comunione di tutti i presbiteri nel ministero del sacerdozio e della missione evangelizzatrice a cui sono stati chiamati, ma anche di unione con l’intera comunità ecclesiale.
Il vescovo ha benedetto gli olii sacri che saranno usati nell’amministrare i sacramenti: l’olio dei catecumeni col quale sono unti coloro che vengono battezzati; del crisma, una mistura di olio e essenze profumate usata nel battesimo, nella cresima, nella ordinazione di sacerdoti e vescovi, nella dedicazione delle chiese; l’olio degli infermi, che viene utilizzato per dare conforto ai malati e per accompagnare all’incontro col Padre, i moribondi fortificati e riconciliati.
«Con grande gioia e commozione celebro con voi la prima Messa Crismale del mio episcopato – ha detto il vescovo nell’omelia -. Base di tutto, presupposto essenziale per ogni nostra azione è la presenza, anzi l’immanenza dello Spirito Santo nella nostra vita. Ogni nostra azione non potrà che essere il riflesso dei doni che lo stesso Spirito effonde su di noi, affinché possiamo esserne pienamente compresi. Lo sguardo del Padre attraverso l’amore dello Spirito ci consacra e ci rende abili alla celebrazione dei Misteri di Cristo, primo fra tutti la Santissima Eucaristia, dalla quale prende forma e sostanza sia il nostro essere come tutta la vita della Chiesa. Sia la Celebrazione Eucaristica quotidiana nutrimento, respiro e palpito del nostro stesso esistere».
La comunità sacerdotale
«Il presbiterio vive in una forma comunitaria, aspetto questo che dobbiamo sempre presidiare, custodire e coltivare; allontanando da noi ogni forma o tentazione di isolamento, di personalismi e visioni di parte che indeboliscono il corpo, lo fanno ammalare e lo portano progressivamente alla distruzione. Lo sappiamo bene, tutto questo è possibile non tanto in forza di chissà quale mirabile nostro sforzo, quanto piuttosto attraverso il presupposto di una virtù essenziale: quella dell’umiltà, unica dote capace di arginare il peccato, generare disponibilità e dare vigore e slancio ad ogni buon proposito».
Il sacerdozio, vicinanza ai poveri
«Portare la bella notizia ai poveri, di qualsiasi genere di povertà si tratti, significa, non tanto pronunciare belle parole molto spesso prive di consistenza, quanto piuttosto essere amici dei poveri nel bene; farli sentire, attraverso la nostra vicinanza, amati da Dio; e questo, paradossalmente, più che a parole si opera mediante l’eloquente silenzio dei fatti concreti. Fatti concreti che, nel contatto con le persone hanno, ciascuno, un nome specifico, che iniziando dalla cordialità e gentilezza dei modi con cui ci rapportiamo con tutti, specialmente con i più indifesi, si sviluppano fino a generare il tessuto e il terreno entro cui germoglia e prende forma solo il bene.
In un mondo in cui, come si esprime papa Francesco, prevale l’economia dello scarto, noi abbiamo il dovere morale – in quanto consacrati dallo Spirito – di essere accoglienti, poveri tra i poveri, annunciatori e testimoni della ricchezza della solidarietà, della condivisione, della partecipazione. Unica ricchezza, questa, capace di contenere azioni di investimento redditizio, sia per il tempo presente come anche per il futuro e infine per l’eternità.
Essere una sorta di chiave che apre le porte, il “reagente” che ammorbidisce le sbarre di qualsiasi situazione in cui le persone si trovino ad essere imprigionate: schiave di sé stesse, del proprio egoismo, dei contesti storici, sociali e familiari. Presentare e quindi donare, mettere a disposizione la nostra vita; che sia quindi limpida, bella e santa, per leggere ed interpretare ogni questione annosa e pertanto capace di affrancare da ogni genere di oppressione».
Testimoni del Vangelo
«Allontaniamo da noi la tentazione di scrivere, anche solo di abbozzare con la nostra condotta e scelte di vita o correnti di pensiero, altra storia che non sia quella del Vangelo rivolto ai poveri, o che sia anche semplicemente ad esso parallela. Sia piuttosto la nostra vita sempre Vangelo vivo, nel nostro oggi, nella concretezza di questo nostro tempo e mai anacronistica, fuori dal tempo e quindi fuori luogo».
«Non abbiamo mai timore di essere snodo nel continuo transitare dei diversi convogli esistenziali della gente che spesso si trovano ad essere caricati sulle nostre povere vite. Anzi, sentiamo il dovere di doverli andare a cercare, ad immagine del Buon Pastore. Abbiamo piuttosto la premura di dover essere noi sempre ben manutentati nella carità attraverso l’olio santo della letizia che proviene dal Signore».
Il vescovo ha ricordato quei sacerdoti e diaconi che in questo anno ricordano un particolare anniversario: i 10 anni di sacerdozio don Josivaldo Assis De Oliveira, don Gian Luca Bianchi, padre Valdeci Trigo Ribeiro e il diacono Falocco Leonello; i 25 anni don Vincent Bekia e il diacono Marcello Del Fabbro; i 30 anni di sacerdozio can. Roberto Adami, can. Claudio Bosi, padre Pietro Messa; i 40 anni di sacerdozio mons. Paolo Carloni, don Franco Semenza.