Angela, Domenica  e Francesca hanno chiesto aiuto alla Comunità Incontro per sfuggire alla violenza dei loro aguzzini  

Per la festa della donna lanciano un appello:
“Il silenzio non serve. Abbiate coraggio e denunciate gli abusi”

 

Le donne, le conquiste sociali e politiche, le lotte contro le discriminazioni sociali e le violenze. Alcune donne hanno avuto il coraggio di denunciare e scappare dai loro aguzzini. Angela, Domenica e Francesca hanno detto basta alla violenza chiedendo aiuto alla Comunità Incontro Molino Silla di Amelia. Per l’8 marzo, festa della donna, hanno deciso di raccontare la loro storia e di lanciare un appello a tutte coloro che sono vittime di violenza. “Il silenzio non serve – dicono – bisogna avere coraggio e denunciare quando un uomo è violento. Nascondersi dietro all’evidenza dei fatti non serve a niente”.

La storia di Angela inizia quando era solo una bambina e le violenze sono iniziate  tra le mura domestiche. “Mio padre – spiega – era un violento, con problemi di alcolismo.  Quando rientrava a casa perdeva il controllo ed iniziava ad inveire contro mia madre con mal parole e poi arrivavano le botte. Appena sono cresciuta cercavo di mettermi in mezzo per difendere mia madre, ma lui non si fermava e quindi le botte le prendevo anche io. Poi sono cresciuta, finita la scuola dell’obbligo, mi ha mandato a lavorare  nei campi insieme ai miei fratelli. Un padre padrone. La violenza non si  è mai fermata. Dicevo a mia madre separati, ma non mi ha mai ascoltato. Poi mi sono rifugiata nella droga per scappare dalla realtà e invece  non capivo che ero  finita in un tunnel senza uscita. Poi un bel giorno mi sono resa conto che stavo affondando sempre di più perdendo me stessa. A quel punto ho chiesto aiuto ed ora sto riacquistando la mia dignità e la forza interiore. Il mio appello è quello di denunciare subito le violenze e pensare a se stessi”.

Domenica è una ragazza come tante con la voglia di vivere e di riscattarsi. Alle spalle una storia di violenza e di tossicodipendenza. Il suo aguzzino ha abusato di lei massacrandola di botte, perché voleva fuggire. “Sono andata a casa – sottolinea – con gli occhi pesti, sanguinante e mio padre non ha fatto niente. Sapeva chi era il mio carnefice, ma non ha voluto denunciarlo. Ho provato a chiamare anche le forze dell’ordine, ma non mi hanno ascoltato perché ero la ‘tossica del paese’. Il mio aguzzino mi ha distrutto fisicamente e psicologicamente. Poi mi sono ribellata ed ho trovato la forza fuggire da questa situazione. Da sola ho avuto la forza di chiedere aiuto alla Comunità Incontro. Ogni giorno è una conquista perché mi sto riappropriando della mia vita. A tutte le persone che sono nella mia stessa situazione dico abbiate coraggio e chiedete aiuto”.

Anche Francesca è stata vittima di violenza, ma anche lei come le altre ha trovato la forza di denunciare il suo stalker. “Credevo nell’amore – spiega – e quando ho incontrato quest’uomo, quindici anni più grande di me, pensavo davvero di aver trovato il principe azzurro. Presto si è trasformato e si è mostrato per quello che era: un mostro. Per niente mi metteva le mani addosso riempendomi di botte. A quel punto mi sono rifugiata nell’alcol per stordirmi. La situazione peggiorava giorno dopo giorno fino a quando ha iniziato anche a ricattarmi dicendo che avrebbe messo alcune mie foto particolari sui social. All’improvviso ho trovato la forza di reagire denunciandolo.  Dico a tutte non abbiate paura di denunciare chi abusa di voi”.

 

“La storie di Angela, Domenica e Francesca – sottolinea la psicoterapeuta Tania Fontanella, responsabile dell’equipe multidisciplinare degli psicologi –  sono simile a molte altre:  dolorose, difficili e problematiche. Appena si  sono rivolte a noi abbiamo fatto un  colloquio conoscitivo, poi c’è stata una settimana di pre accoglienza e poi l’ingresso  come residente. Questo funziona per tutti coloro che vogliono entrare in comunità sia per gli uomini che per le donne. Il lavoro dell’equipe multidisciplinare è fondamentale ed è ancora più difficile soprattutto per coloro che non sono convinti fino in fondo. L’assegnazione dei compiti, il rispetto delle regole e la gestione dei momenti critici sono attività fondamentali per un percorso terapeutico serio e fruttuoso. I rapporti con le famiglie dei ragazzi sono di collaborazione, supporto e sostegno ai principi della Comunità Incontro. Ogni persona  che decide di uscire dalle dipendenze deve trovare la forza in se stesso. Il nostro obiettivo  è quello che la persona recuperi l’autonomia, l’autostima, le capacità di integrazione sociale, la socializzazione ed il miglioramento della vita relazionale. I principi della Comunità Incontro sono accoglienza, condivisione e calore. I momenti più importanti della vita comunitaria sono scanditi rigorosamente dal rintocco della campana nelle Comunità che sono  in Italia ed anche in quelle presenti all’estero. I ragazzi che completano il nostro programma sono più forti, consapevoli e pronti ad affrontare una nuova vita: sono dei gabbiani, simbolo della Comunità Incontro, che possono volare via liberi di vivere la vera vita che gli è stata tolta dalle sostanze. La Comunità Incontro non ha cancelli  perché i ragazzi decidono volontariamente di iniziare il percorso di recupero così come volontariamente decidono di andare via, condividendo la loro scelta con l’equipe multidisciplinare e la famiglia. Se ad un certo punto il ragazzo ospite non ce la fa a concludere il percorso intrapreso non deve fuggire, ma dircelo perché comunque noi come da protocollo lo accompagniamo al treno, informando prima i familiari e poi i carabinieri oppure il Sert territoriale se il ricovero è venuto da loro”.  

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