CELEBRAZIONE DELLA NOTTE DI NATALE – OMELIA DEL VESCOVO GIUSEPPE PIEMONTESE
“Il Signore continui ad ispirarci pensieri e semi di giustizia, di rispetto e di amore per la vita umana in qualunque condizione si trovi.. I poveri, i migranti i malati e i bisognosi trovino cuori generosi e pronti all’aiuto, all’accoglienza, alla solidarietà nel tuo nome, tu che ti sei fatto tutto a tutti e che continui a vivere tra noi, fratello tra i fratelli per sempre”.
Nella celebrazione della notte di Natale nella Cattedrale di Terni, gremita di persone, il vescovo Giuseppe Piemontese ha ricordato la gioia e la speranza che viene dal Natale, la grandezza dell’amore di Dio che diventa uomo e «prende su di sé le qualità, i limiti, le sofferenze e le dinamiche di ogni uomo per farsi vicino, prossimo ad ogni uomo.
Sceglie la via e la modalità della normalità, della semplicità e povertà per invitarci all’abbandono completo a Dio. Il Figlio di Dio assume la condizione umana non solo nella crudezza del realismo comune all’umanità, ma anche nella povertà assoluta: senza casa, senza comodità, senza cose necessarie ad un bambino neonato».
E poi un monito ai cristiani a vivere pienamente e il mistero del Natale e la sua spiritualità:
«Quanti, nell’agitarsi frenetico del tempo natalizio: albero di Natale, luci, suoni e frastuoni, smania di acquisti e di regali, sostano dinanzi a quel bambino che giace in una mangitoia e lo adorano come Maria e Giuseppe, i pastori, i magi?
Quanti di noi si fanno adoratori del Dio vivente, fatto uomo e manifestato nella tenera carne di un bambino, per di più povero?
Quanti di noi riconoscono nei propri simili, specie i poveri, i malati, i bisognosi di ogni genere Gesù, Figlio di Dio incarnato.
Anche nella nostra regione Umbria e nella nostra Diocesi la pratica religiosa e la testimonianza cristiana è decisamente raffreddata, cambiata non solo in riferimento ai tempi gloriosi di Benedetto, Francesco, Chiara, ma anche rispetto a trenta anni addietro.
Abbiamo bisogno di riscoprire i fondamenti del Vangelo di Gesù, di convertirci mettendoci decisamente alla scuola di Gesù.
Anche le nostre Chiese vanno rievangelizzate riscoprendo e riappropriandoci del coraggio e della forza di Valentino, Giovenale, Fermina, Francesco, i Protomartiri francescani, Gabriele dell’Addolorata, Giunio Tinarelli, Vincenzo Loiali.
Il Signore continui oggi a donare speranza all’umanità, ai molti popoli sono afflitti da violenze, povertà, fame, alle prese con le guerre dichiarate e non dichiarate, palesi e sotterranee.
Continui a ispirarci pensieri e semi di giustizia, di rispetto e di amore per la vita umana in qualunque condizione si trovi».
A conclusione della celebrazione don Carlo Romani parroco emerito della Cattedrale ha formulato gli auguri di un sereno Natale al vescovo a nome della comunità diocesana.
Di seguito l’omelia della notte di Natale:
“Questa notte, la comunità cristiana si raduna, attratta dalla meraviglia del Natale, da segni e tradizioni incise nella mente e nel cuore di ognuno e che riportano al tempo felice dell’infanzia, a ricordi gioiosi indimenticabili, legati alla famiglia: genitori, nonni, persone care, e ad eventi, che ci sembra di rivivere e custodire.
Questa notte completiamo il presepe, ponendo l’ultimo personaggio: il bambino Gesù, nella mangiatoia accanto a Maria e Giuseppe, al bue e all’asinello, così come fece San Francesco, citato da Papa Francesco nella lettera Admirabile signum.
Anche i pastori, uomini che riscuotevano scarsa considerazione per essere ritenuti disonesti, ladri, e inosservanti delle tradizioni religiose, richiamati dagli angeli mentre vegliavano il gregge durante la notte, sono accorsi ad adorare Gesù, appena nato e si sono fatti annunciatori della lieta notizia della nascita del Salvatore. Anche noi, come loro, uomini e donne bisognosi di perdono e misericordia, siamo stati chiamati qui ad adorare Gesù.
Quella, che viviamo questa notte, cari fratelli e sorelle, non è una rappresentazione, anche se sacra, ma una santa liturgia terrestre che si collega a quella celeste nel memoriale della nascita del Verbo che si è fatto carne e continua a rinascere sacramentalmente in mezzo a noi.
La proclamazione della Parola di Dio, che a Natale leggiamo in abbondanza, descrive il contesto e il messaggio che il Signore invia all’umanità e a noi con la nascita di Gesù.
E l’intera celebrazione dell’Eucarestia è il corpo di Cristo, fatto pane-carne per la salvezza e la gioia dell’umanità, natale quotidiano per tutti.
Radunati attorno alla grotta, mentre facciamo a gara per ritagliarci la migliore posizione per osservare il Bambino che è nato, siamo raggiunti anche noi dall’annuncio evangelico dell’angelo:
«Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».
E’ il cuore del messaggio di oggi: l’evento gioioso, travolgente e impensabile che Dio stesso si è fatto uno di noi per salvarci e fare di noi dei figli di Dio.
Inoltre il Salvatore si mostra come un bambino qualunque, avvolto in fasce: come uno dei nostri bambini appena nati, nelle fattezze, nella piccolezza, nella debolezza, nella tenerezza, nella bellezza.
Il Vangelo sottolinea che è adagiato in un praesepium-mangiatoia.
Il Figlio di Dio assume la condizione umana non solo nella crudezza del realismo comune all’umanità, ma anche nella povertà assoluta: senza casa, senza comodità, senza cose necessarie ad un bambino neonato.
Così si esprime san Francesco, contemplando il Natale di Greccio: «Vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello» (FF468).
Quale visione poetica e fantasiosa, potrebbe dire qualcuno!
Ma per il Vangelo e per Gesù, Figlio di Dio è stata la realtà di una esistenza iniziata nella povertà materiale, vissuta nella povertà esistenziale, poi annunziata quale beatitudine per coloro che danno il valore relativo ai beni della terra, che riconoscono la povertà esistenziale della natura umana e accolgono Dio come unico bene, Dio, che è provvidenza, che si prende cura degli uccelli del cielo, non lascia cadere invano perfino un capello del nostro capo, che ha a cuore ogni uomo e donna, che viene sulla faccia della terra. (Mt 6, 25 e segg).
Accanto alla mangiatoia-praesepium, dove è deposto Gesù, ci sono Maria e Giuseppe. Essi si sono fidati di Dio, hanno accolto il suo progetto di essere padre e madre del Bambino e ne hanno condiviso il programma evangelico di povertà e abbandono fiducioso nelle mani di Dio, quali veri fratelli, sorelle e madri di Gesù. “Chi fa la volontà del Padre è per me fratello sorella e madre”.
Come dice Papa Francesco (Admirabile Signum, 3), “il presepe a Natale è un invito a “sentire”, a “toccare” la povertà che il Figlio di Dio ha scelto per sé nella sua Incarnazione. E così, implicitamente, è un appello a seguirlo sulla via dell’umiltà, della povertà, della spogliazione, che dalla mangiatoia di Betlemme conduce alla Croce. È un appello a incontrarlo e servirlo con misericordia nei fratelli e nelle sorelle più bisognosi” (cfr Mt 25,31-46).
Ci interroghiamo: quanti oggi fanno memoria di questo mistero? Quanti, nell’agitarsi frenetico del tempo natalizio: albero di Natale, luci, suoni e frastuoni, smania di acquisti e di regali, ecc. sostano dinanzi a quel bambino che giace in una mangitoia-praesepium e lo adorano come Maria e Giuseppe, i pastori, i magi? Quanti di noi si fanno adoratori del Dio vivente, fatto uomo e manifestato nella tenera carne di un bambino, per di più povero?
Quanti di noi riconoscono nei propri simili, specie i poveri, i malati, i bisognosi di ogni genere Gesù, Figlio di Dio incarnato.
Il Vangelo-lieta notizia della nascita del Figlio di Dio è sempre più relegata in un trafiletto dei piccoli giornali di Provincia, dove sfugge all’attenzione dei più.
Papa Francesco, nel discorso alla Curia romana, con una tono di responsabile consapevolezza ci ricorda che la lieta notizia del Vangelo ormai è sempre più sconosciuta, anche nei paesi di antica cristianità.
“Non siamo più in un regime di cristianità perché la fede – specialmente in Europa, ma pure in gran parte dell’Occidente – non costituisce più un presupposto ovvio del vivere comune, anzi spesso viene perfino negata, derisa, emarginata e ridicolizzata”.
Anche nella nostra regione Umbria e nella nostra Diocesi la pratica religiosa e la testimonianza cristiana è decisamente raffreddata, cambiata non solo in riferimento ai tempi gloriosi di Benedetto, Francesco, Chiara, ma anche rispetto a trenta anni addietro. Abbiamo bisogno di riscoprire i fondamenti del Vangelo di Gesù, di convertirci mettendoci decisamente alla scuola di Gesù.
Anche le nostre Chiese vanno rievangelizzate riscoprendo e riappropriandoci del coraggio e della forza di Valentino, Giovenale, Fermina, Francesco, i Protomartiri francescani, Gabriele dell’Addolorata, Giunio Tinarelli, Vincenzo Loiali.
La contemplazione del Bambino di Betlemme in questa celebrazione natalizia ci porti a ripensare e ad approfondire la nostra fede, (Come ci invita Papa Francesco)
“per accogliere nuovamente il suo comandamento: «Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,34-35). Qui, di fatto, Gesù non ci chiede di amare Lui come risposta al suo amore per noi; ci domanda, piuttosto, di amarci l’un l’altro con il suo stesso amore. Ci domanda, in altre parole, di essere simili a Lui, perché Egli si è fatto simile a noi. Il Natale, dunque – esorta il santo Cardinale Newman –, «ci trovi sempre più simili a Colui che, in questo tempo è divenuto bambino per amor nostro; che ogni nuovo Natale ci trovi più semplici, più umili, più santi, più caritatevoli, più rassegnati, più lieti, più pieni di Dio».
Signore Gesù, continua oggi a donare speranza all’umanità, che ha smarrito il tuo Vangelo; molti popoli sono afflitti da violenze, povertà, fame e sono alle prese con le guerre dichiarate e non dichiarate, palesi e sotterranee.
Continua a ispirarci pensieri e semi di giustizia, di rispetto e di amore per la vita umana in qualunque condizione si trovi.
Intenerisci la mente e il cuore dei potenti della terra, dei ricchi, degli scienziati, di coloro che detengono le leve del potere, della finanza, del futuro dei popoli.
I tuoi discepoli, da te ispirati, si uniscano ai tanti uomini e donne di buona volontà per diffondere nel mondo semi e segni di speranza perché tutti riconoscano la tua presenza nel mondo quale salvatore di tutti.
Assisti la nostra Diocesi perché non si adagi sugli allori del passato, ma riscopra la novità del Vangelo, da annunciare in obbedienza allo Spirito Santo in una rinnovata azione evangelizzatrice.
Dona alle nostre città una serena convivenza civile;
le famiglie trovino le vie dell’amore e della concordia; tutti possano trovare e svolgere un lavoro dignitoso;
i bambini trovino accoglienza incondizionata; ai giovani siano aperte vie di realizzazione personale senza necessità di espatriare;
i poveri, i migranti i malati e i bisognosi trovino cuori generosi e pronti all’aiuto, all’accoglienza, alla solidarietà nel tuo nome, tu che ti sei fatto tutto a tutti e che continui a vivere tra noi, fratello tra i fratelli per sempre. Amen!”.